Finalmente si asciugò le mani e si sedette. Chicca aveva vuotato il vasetto dello yogurt e lo fissava sorridendo: “Sei bello”.
“Certo. Infatti ho la fila delle ragazze alla porta”.
“Non hai avuto nessuna in questi mesi?” continuò lei.
“Nessuna. E tu?”
“Dov’ero non c’era molta scelta”.
“Solo per questo motivo?”
“No, anche perché mi piaceva uno di qui, uno che parla tanto, ma poi non conclude niente”.
Lui sembrò sorpreso – ma segretamente compiaciuto – e disse: “Non mettergli fretta. Se ha qualcosa da dire lo farà. Tu, piuttosto: non hai nulla da aggiungere?”
Lei lo fissò interrogativa. Non capiva cosa volesse dire. Il caffè iniziò a borbottare e lei gli fece cenno di restare seduto. Andò al fornello, prese la caffettiera e riempì le tazzine. Bevvero in silenzio.
“Non hai più sentito Filippo?” chiese Lupo, appena terminato di bere.
Lei lo guardò sorpresa. “No, mai. Con lui ho chiuso nel momento in cui ho capito che mi aveva mentito. E tu, hai visto la Manu?”
“No. Argomento chiuso, lo sai. E non ho visto nessuna ragazza, neanche quella del perizoma azzurro, se lo vuoi sapere”.
“Bene. Quindi, cos’altro ci impedisce di provarci?”. Finalmente l’aveva detto. Si sentì subito meglio. Rilassò le spalle e si appoggiò all’indietro stendendo le gambe davanti a sé.
“Che domande fai? Dobbiamo ancora finire di fare colazione. Non mettermi fretta” rispose con la voce sostenuta, ma ridendo dentro di sé. Lupo si alzò, andò verso il pensile nell’angolo, aprì lo sportello e iniziò a prendere tutte le cose che aveva comprato il giorno prima. Portò in tavola biscotti, cereali, merendine all’albicocca e la torta al cioccolato, quella che aveva infilato a fatica insieme al resto nel cestino.
“Da quando sei così fornito? Avevi sempre la cucina vuota”.
Lui si bloccò dov’era, con parte dei cibi ancora tra le mani. Sembrò riflettere, come se le parole di Francesca fossero molto strane, poi disse: “Ieri mi è venuta voglia di fare la spesa. Mi sono accorto che non avevo niente da mangiare e sono sceso al negozio. Ho preso tutta questa roba. Ho fatto fatica a portarla su”. Ora Lupo sorrideva davvero. All’improvviso sapeva perché aveva comprato tanto cibo. Era contento. Spostò la sedia, ma mentre stava per sedersi, gli venne in mente un’altra cosa.
Aprì il frigo e cercò nei contenitori dello sportello, poi rovistò nel ripiano in basso. “Ecco” concluse soddisfatto posando sul tavolo il burro salato, un blister da dieci monodosi – la qualità che preferiva -, e la marmellata d’arance.
Chicca prese il vasetto e lo girò per leggere l’etichetta. “Marmellata d’arance! Ne vado matta”. Aprì il vasetto e infilò il cucchiaino nella morbida matassa color arancio, prelevò un po’ di confettura, la guardò controluce, poi la portò alla bocca e assaporò. “Una vera delizia. Non sei d’accordo?” intinse di nuovo il cucchiaino e allungò la mano verso Lupo. Lui si avvicinò e aprì la bocca. Chiuse gli occhi per gustare meglio il sapore.
“Luca”. La parola rimase sospesa nell’aria della cucina, mentre la giornata iniziava anche per gli altri abitanti del quartiere.
Lui aprì gli occhi e la fissò.
“Niente. Volevo sentire come suonava”. Ora Chicca rideva.
“E come suona?”
“Molto bene. Ti chiamerò così. Anche a me piace avere l’esclusiva. Ma torniamo alla colazione”.
Lupo sbuffò in modo esagerato e guardò l’orologio. I rumori che giungevano dalla strada suggerivano che la mattina fosse iniziata da un pezzo. “Le sette! Non me n’ero accorto. Che facciamo? Chiamo che non vado al negozio e ci prendiamo un giorno per noi?”
“È una buona idea. Mando un messaggio a papà e gli chiedo un giorno in più”. Un’ombra le passò sul viso e Lupo capì che aveva ricordato l’aggressione della sera prima. Le accarezzò il viso: “Ti fa ancora male la testa?” chiese.
“No, sto bene. Rimarrà il bernoccolo per un po’ di giorni, poi dimenticheremo tutto”. Anche lei allungò la mano e gli accarezzò il viso: “Hai la barba lunga. La porti così, ora?”
“Non ne sono certo. Mi sento in vena di cambiamenti. Ti griglio il pane?”
“Certo. Bello croccante… in contrasto con la morbidezza del burro e marmellata… sublime!” approvò Chicca. Si accomodò meglio sulla sedia e prese un altro cucchiaino di confettura. “Ci vuole tempo per gustarsi bene le cose. Un giusto tempo rende tutto migliore. Si capiscono meglio e si apprezzano di più. Se non si lascia passare il tempo, non si possono amare come meritano”. Lupo si voltò a guardarla. Aveva ancora il cucchiaino colmo e lo guardava: sembrava parlasse alla marmellata. Il tostapane scattò e lui prese le fette, le mise su un piattino e le portò al tavolo.
“Siedi. Ci dividiamo il pane” propose lei. Prese una fetta, la coprì con cura di burro salato e ci spalmò sopra la marmellata.
“Vedi? Non è una cosa banale. Bisogna usare le giuste proporzioni: tanto di una cosa e tanto di un’altra, se si vuole avere un buon risultato”. Gli porse la fetta e lui la prese pensando che certi gesti sono così intimi da fare male al cuore.
Addentò il pane e lasciò penetrare il sapore, un misto di salato e di dolce che si combinava sulla lingua e nel palato: “Una delizia davvero. Tu ci sai fare con le giuste proporzioni” affermò. Lei gli sorrise.
“E anche nella marmellata d’arance sono importanti le proporzioni: ci sono le scorze d’arancia e c’è la parte più cremosa, quella che ingloba tutto e amalgama i sapori”. Lupo smise di mangiare, posò la mano sul bordo del tavolo e rimase lì con la mano a mezz’aria che reggeva una fetta mangiucchiata di pane e marmellata. Aveva la bocca aperta, come se volesse dire qualcosa ma non gli uscisse la voce.
Chicca non si era accorta di nulla; era immersa nel suo discorso di proporzioni e mescolanze, teneva lo sguardo fisso sul vasetto mentre continuava a spalmare il pane e inseguiva il suo ragionamento: “Un misto di due cose che ne formano una, e quell’una è magia. È proprio la stessa cosa che accade quando un uomo e una donna s’incontrano e formano una coppia”. Finalmente aveva finito di spalmare, posò il cucchiaino, addentò la fetta, chiudendo gli occhi, masticando con calma e grande cura. Deglutì e proseguì il suo discorso come se non si fosse mai interrotta: “In fondo siamo tutti marmellata d’arance; ognuno di noi è in cerca delle scorzette che lo completano. Non credi anche tu?” Ora Chicca lo guardava. Lui non disse che era d’accordo, si limitò ad annuire. Non aveva fretta. Avevano tutto il tempo necessario per dirsi ogni cosa, ora lo sapeva.
Marmellata d’arance – 40
7 settembre 2010 di morena fanti
Annunci
Oh mannaggia… 😳
Spero si veda e si percepisca tutto il mio rossore per averti così tanto trascurato, però, sei spesso nei miei pensieri, so che non è una consolazione ma tant’è… 😉
Vado a fare i compiti arretrati.
Ciao Morena, a presto!
attendo di visionare i compiti 😉
tutto bene Arthur? un bacio m.